Serata dionisiaca all’insegna del buon rumore, musiche dai sottosuoli e danze strampalate! A suonare:
- She’s mad on dancing
- Angossa
- Speed Ray Vaughan
- Impiccato
Dalle 22.00 porta la tua distro!!
No cagacazzi o amici degli sbirri!!
Serata dionisiaca all’insegna del buon rumore, musiche dai sottosuoli e danze strampalate! A suonare:
Dalle 22.00 porta la tua distro!!
No cagacazzi o amici degli sbirri!!
Domenica 3 Aprile concertazzo matinèe al Brigata Prociona per sostenere le spese legali dell’Operazione Prometeo.
Dalle 15.00 apertura cancelli, i concerti inizierano dalle 17.00 e ci saranno:
-Sixtyone Hunderd (pogatori da Pesaro)
-Corpo Estraneo (HC per uscire da Bolo)
-Djanni (amma che mazzate da Imola)
-Effimera (Noise contro il pa-drone, Imola)
– La città dolente (Mathcore da Milano)
Durante il pomeriggio birrette, cibarie e calcetto a profusione.
Serigrafia benefit, porta quello che vuoi stampare: una t-shirt, uno shop, un foglio.
Vieni con la distro e affini. Ben accetti i casi umani e presa bene, machoman ecc no.
Contattaci per avere informazioni sulla palestra e la sala prove al brigata36@gmail.com
Siamo lieti di annunciare la nascita della strabiliante rivista La Pimpa!!!
Cliccando sul menù la voce “La Pimpa” guarda caso finirete nella pagina a lei dedicata perché fare schifo non ci basta più, vogliamo pure dare spazio al nostro delirio!
Nei mesi autunnali saranno diversi i processi che coinvolgeranno centinaia di anarchici e anarchiche.
In queste inchieste PM e giudici vogliono processare l’ideale anarchico. Ridurre le differenti tensioni e pratiche in farraginosi schemi giuridici – come l’odiosa e patetica divisione tra un anarchismo “buono” e uno “cattivo” – ha lo scopo di reprimere con decenni di carcere chi lotta.
In un periodo storico in cui le condizioni di vita imposte sono sempre più dure è fondamentale lottare. Rispondere alla violenza dello Stato, al regime di oppressione che vorrebbe imporre e al tentativo di attaccare chiunque esprima solidarietà a chi ha già scelto da che parte stare.
Porteremo alle nostre compagne e ai nostri compagni vicinanza e complicità ma non solo nelle aule di tribunale: lanciamo due settimane di mobilitazione dal 9 al 24 novembre, un’occasione per creare momenti di solidarietà attiva nelle piazze, nelle strade e ovunque si voglia esprimere.
AL FIANCO DI TUTTE LE ANARCHICHE E GLI ANARCHICI SOTTO PROCESSO
CONTRO IL CARCERE E PER LA LIBERAZIONE DI TUTTI/E I/LE PRIGIONIERI/E
TUTTE E TUTTI LIBERI
una prima riflessione sullo stato d’emergenza ai tempi della pandemia
Ed eccoci nuovamente di fronte ad un’emergenza, questa volta di portata mondiale, come quella climatica, ma con una presa sicuramente diversa sulle persone. Affrontare l’emergenza climatica vorrebbe dire rimettere in discussione il proprio stile di vita, le proprie comodità, fare una riflessione seria sul nostro sistema energivoro e quindi significherebbe rinunciare ad abitudini e agi, ed evidentemente non è una strada che piace a moltx. Ma quando si tratta di rinunciare alla propria libertà, per la sicurezza di poter continuare a vivere comodamente, allora la massa si lancia in hashtag, arresti domiciliari volontari, e una venerazione del Dio Stato salvatore che ci protegge dal malvagio virus. Come le religioni promettono un paradiso che nessunx ha mai visto davvero in cambio della rinuncia ai propri desideri, alle passioni, all’essere umanx e poter sbagliare, all’autogestione, così lo Stato promette protezione contro un virus in cambio di completa assuefazione al potere costituito.
Un’emergenza che riguarda la salute in maniera evidente e diretta come può essere una pandemia è davvero una manna dal cielo per chi vuol dare una svolta alla sperimentazione del controllo e all’avanzamento della società tecnologica. La salute riguarda tuttx, non è una questione ideologica, non è il solito nemico interno o esterno su cui polemizzare, è orizzontale. La soluzione è però verticale. La offre solo lo Stato. Per una volta che ci si poteva sentire solidalx e complici, tuttx nella stessa barca… Invece la malattia, la morte, il dolore, sono cose che in questa società spersonalizzata e con una difficoltà relazionale sempre più evidente, facciamo fatica ad affrontare. Allora scatta il Panico. E il Panico lo superi solo se intorno a te puoi avere fiducia nel prossimo, se puoi circondarti di persone affini con cui parlarne. Invece dopo questo Panico c’è il vuoto, la solitudine, la reclusione volontaria. E il cittadino spaventato si affida all’unico amico che crede di avere, l’unico in ogni caso che può frequentare, lo Stato.
Perchè questo sta succedendo con l’ennesimo legiferare d’emergenza, ad essere incriminati sono i rapporti umani, la socializzazione. Perchè si può stare a contatto all’interno dell’insalubre aria di un supermercato ma bisogna avere un valido motivo per essere in un parchetto? Evidentemente ti salvi dal contagio solo spendendo soldi, facendo girare l’economia.
Perchè non si può girovagare per la città come si vuole ma si può rischiare di infettare unx commessx di supermercato? Perchè, come stanno dimostrando x tantx lavoratorx in sciopero in vari settori della produzione non toccati dalle restrizioni per il coronavirus, per il Mercato, per la Produzione, c’è chi si deve sacrificare, perché la Patria deve continuare a funzionare. Niente chiacchiere al bar, niente passeggiate nei parchi, ma a lavorare sì!
Questa pandemia ha portato ad un nuovo livello la coesione nazionale, l’amor di patria, la fiducia nelle istituzioni. Il virus è nemico di tuttx, il virus sta mettendo da parte l’odio indotto precedentemente dai vari politicanti da talk show da social contro altri “mostri”. Ora il pericolo è l’untore, colui o colei che non sottostanno alle regole, che non stanno ad un metro di distanza, che escono nonostante le restrizioni, che non recludono x bambinx in casa a disegnare stupidi arcobaleni (stupidi perché frutto di assimilazione e non di fantasia infantile)… Il nemico (per ora) non ha più un colore diverso della pelle. Il nemico è chi sceglie la libertà, chi sceglie di autogestirsi invece che farsi dire dallo Stato come comportarsi.
Non si vuole qui mettere in discussione la paura che le persone possono provare, quanto il fatto che prendere precauzioni ed evitare di contagiare persone a rischio è semplice, non c’è bisogno delle istituzioni per capire come comportarsi. Soprattutto perché alle istituzioni non interessa davvero la salute dei propri cittadini, quanto la salute del sistema. Se agli Stati interessasse davvero la salute delle persone probabilmente non si sarebbe arrivati ad una devastazione ambientale così imponente che non farà altro che rendere più rapide e facili altre pandemie, magari anche più pericolose. Infatti, non si tratta di un’emergenza sanitaria dovuta all’effettiva pericolosità del virus, quanto dello smantellamento che va avanti da decenni del sistema sanitario che ora fa sì che non ci siano più posti letto per tutelare le persone a rischio né per far fronte ad una sorta di mega influenza. Come al solito la corsa al profitto assicura x pochx ma ha conseguenze prima di tutto sulla vita degli “scarti” del sistema. Come x detenutx. Mentre il governo assicurava una protezione dal contagio tenendo lontanx x parentx dax prigionierx, allo stesso tempo, come lamentato dax detenutx stessx, i secondini sono senza guanti e mascherina, le cure mediche in carcere sono una merda e lo erano già prima della pandemia, figuriamoci ora…e le nuove regole servono solo ad isolare sempre di più le persone imprigionate e a controllarle meglio. Le rivolte scoppiate in una trentina di carceri italiane sono state molto intense, c’era tanta rabbia, tanta voglia di uscire da quella schifosa gabbia, distruggerla. La paura è potente, è ingovernabile. Ma solo se si ha ben chiaro qual è il vero ruolo dello Stato, il controllo e la garanzia al profitto di pochi.
Mentre le carceri bruciavano e distruggevano, mentre decine e decine di detenuti evadevano, paradossalmente il resto della popolazione, che si crede libera, si auto-recludeva nelle case. Una scelta possibile solo perché l’assuefazione alla vita da social, alla piazza virtuale invece che alla piazza reale, alla vita in streaming, era già la vita dx tantx. Oggi e nei mesi a venire, ci sarà bisogno sempre più di reti potenti che possano garantire uno scambio di dati ingente ai responsabili bravi cittadini italiani che ordinano online, parlano online, escono online, si relazionano online, lavorano e vanno a scuola online. Chi si lamenterà del 5G sarà un nemico della patria, perché la rete è l’unico strumento che potrà garantire all’economia di continuare a girare.
Come al solito le emergenze diventano il campo perfetto per sperimentare, per proporre soluzioni di merda che siano facilmente assimilate dai più senza troppe storie, e la distruzione dei rapporti umani basata sulla paura del contagio renderà ancora più difficile che le persone scendano in strada a protestare contro la perdita del lavoro, la difficoltà a pagare l’affitto e soprattutto la limitazione della propria libertà a scegliere se e come vivere.
Le poche persone rimaste in giro senza mascherina, a passeggio nonostante i divieti, forse inizieranno a riconoscersi come complici. E non c’è denuncia o minaccia di arresto che tenga per la sete di libertà. Che purtroppo è poco contagiosa.
Alcune e alcuni che ci tengono alla libertà
All’interno dello spazio brigata36 ci siamo trovatx a confrontarci su come reagire insieme alle violenze di genere nell’ottica di creare “spazi sicuri” intesi come presa di coscienza collettiva piuttosto che di regole imposte e codici di comportamento. Non crediamo ci si debba dare delle regole dal tono moralista perché il sessismo è intrinseco a questa società e uno spazio sociale autogestito non ne è sicuramente immune. L’unica prevenzione possibile è non lasciar correre ma riflettere insieme senza paura e senza sentirsi “arrivatx”. Il primo nodo venuto al pettine è la necessità di farlo non in quanto ”spazio politico” ma in quanto gruppo di persone amiche, che ripongono fiducia l’una nell’altra e che mirano a potersi vivere liberamente e in maniera sicura delle situazioni che le coinvolgono. Partendo da una base condivisa di riflessioni sull’antisessismo e il consenso, senza stare a pararsi dietro ideologie o bandierine, ci siamo chiestx come agire nel caso in cui una persona del gruppo dovesse subire molestie o anche peggio. Abbiamo chiaro che ci sono dei punti che non possono essere messi in discussione e che solo assumendoli si può arrivare a un’azione efficace al di fuori delle vie giuridiche garantite dallo stato e senza cadere in un’emulazione dei suoi meccanismi. Innanzitutto l’ascolto della persona che ha subito un qualsiasi tipo di molestia, senza mettere in discussione ciò che sta provando e senza provare ad interpretare il peso di un disagio che solo quella persona si sente addosso. Dall’ascolto ne consegue che in qualche modo si deve agire. Ricreare una situazione di sicurezza per la persona che si è vissuta la merda è la priorità, quindi starle vicino e se richiesto tenere lontano la fonte del disagio. Ci teniamo a specificare che l’allontanamento, in questa fase, non è punitivo ma in maniera così limpida che è difficile da equivocare, è fatto per far sentire a proprio agio una persona che ha subito qualcosa che le ha generato sofferenza, e non un gesto di squadrismo sorto dopo un processo sommario. Dopo essersi assicuratx che la persona sopravvissuta si senta di nuovo al sicuro ci siamo anche postx la questione di come interagire con l’aggressore. Sempre partendo dal presupposto che non ci piace agire come un branco né usare atteggiamenti macisti andandolo direttamente a pestare, in questa fase ci è parso necessario cercare un dialogo anche con lui. Il confronto è necessario perché è importante che comprenda le conseguenze dell’azione e perché possa mettere in discussione i suoi approcci intimi con le altre persone. Non è un approccio volto a indagare i fatti o i dettagli come fossimo giudici, avvocati o giornalisti di gossip, ma piuttosto volto a ragionare sul consenso e su quando è mancato. In questa fase si aprono, per semplificare, due scenari: A) apertura al dialogo da parte sua e messa in discussione; B) la persona si rivendica l’azione come legittima senza mettere in dubbio che possa aver provocato disagio o dolore o addirittura additando come colpevole la persona aggredita (perché era sbronza, perché se l’è cercata, perché gli ha sorriso, perché ci stava, perché si trovava in uno spazio libertino e quindi tutte le donne sono troie). Nello scenario A probabilmente col tempo e continuando a mettersi in discussione, la persona che aveva agito violenza comprenderà il peso delle proprie azioni sviluppando maggiore attenzione su ciò che provano/desiderano/accettano gli altri individui che incrocia nell’intimità e gli verrà naturale tenere le distanze fintanto che la persona che ha fatto soffrire non sarà dell’idea che si sente a suo agio nuovamente. Nello scenario B è chiaro che non c’è voglia di mettersi in discussione e anzi il modo d’agire violento e prevaricatore è uno stile di vita rivendicato, per cui da parte nostra non c’è alcuna voglia di avere tra i piedi una persona del genere e ci si vede costretti ad allontanarla definitivamente con i metodi più appropriati a seconda della situazione.
Queste pratiche elencate sono molto basilari e sicuramente non esaustive e ci siamo per ora confrontatx soprattutto su situazioni che potrebbero coinvolgere direttamente qualcuna di noi. Sicuramente l’approccio può essere simile, almeno in partenza, con persone che non conosciamo ma che attraversano sporadicamente lo spazio, ma era già complesso partire da situazioni che riguardassero solo noi, che abbiamo rimandato la riflessione per non aggiungere ciboascelta al fuoco. Ogni situazione si porta dietro sentimenti, legami, circostanze particolari e soggettive che sarebbe difficile applicare schematicamente ad ogni caso. Ciò che stiamo tentando di trasmettere è che queste “linee guida” ci aiutano a capire come confrontarci con sessismo, violenza di genere, abusi e prevaricazioni senza aprire processi nei confronti di nessuno. Crediamo che per evitare uno scenario del genere sia altresì essenziale non impantanarsi nel ricercare colpevoli, testimoni, prove, ricostruzioni di scene del crimine, tasso alcoolico nel sangue per arrivare ad un verdetto.
Abbiamo chiaro cosa significa consenso e siamo convintx che si parta da lì per comprendere che se questo viene a mancare qualcunx ci rimette.
Le riflessioni non si fermano con questo scritto e se qualcunx avesse voglia di offrire ulteriori spunti di discussione può passare al brigata!
abitanti della piccionaia delle feste primavera