Marciare è sempre marcire

Condividiamo questa analisi dal blog Finimondo.org sui fatti di piacenza

Oggi
Piacenza, 22 luglio 2020. Una caserma intera posta sotto sequestro, dodici carabinieri indagati la maggior parte dei quali in stato d’arresto con l’accusa di traffico e spaccio di sostanze stupefacenti, ricettazione, estorsione, arresto illegale, tortura, lesioni personali, peculato, abuso d’ufficio. Il capo della Procura cittadina, Grazia Pradella, si dice sconvolta: «Mentre la città di Piacenza contava i tanti morti del coronavirus, questi carabinieri approvvigionavano di droga gli spacciatori rimasti senza stupefacente a causa delle norme anti Covid. Siamo di fronte a reati impressionanti, se si pensa che sono stati commessi da militari dell’Arma dei carabinieri. Si tratta di aspetti molto gravi e incomprensibili agli stessi inquirenti che hanno indagato». Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini rincara lo sfoggio d’indignazione, parlando di «accuse gravissime rispetto a degli episodi inauditi e inqualificabili. Fatti inaccettabili, che rischiano di infangare l’immagine dell’Arma».
Ieri
Aulla (Massa Carrara), 22 gennaio 2019. Ventisette carabinieri in servizio in alcune caserme della Lunigiana rinviati a giudizio, oltre centosettanta i capi d’imputazione formulati dopo una lunga indagine durata anni. Minacce, perquisizioni corporali violente, pestaggi, violenze sessuali, il tutto compiuto ai danni di immigrati da parte di carabinieri «fieri di essere fascisti» e che consideravano «un orgoglio menare un marocchino». L’allora capo della Procura di Massa, Aldo Giubilaro, disse che l’ordine di arresto nei loro confronti era stato eseguito «con sincero dispiacere» e ammise che in quella zona l’abuso era «quasi una normalità».
L’altroieri
Roma, 6 giugno 1997. Viene arrestato il colonnello dei carabinieri Michele Riccio, già comandante dei Ros e della Dia genovese, assieme a cinque marescialli suoi collaboratori. L’accusa è di «utilizzo di confidenti riconvertiti all’impiego di istigatori/determinatori di reati, o “coperti” nelle loro illecite attività; attività di raffinazione di stupefacenti per scopi di arricchimento personale, o di calunnia dei sospettati, o di malinteso senso del prestigio del reparto; manipolazione sistematica dei corpi di reato per coprire irregolarità amministrative nelle consegne controllate di stupefacente». In pratica, Riccio e la sua squadra avevano trasformato una caserma dei carabinieri di Genova in una raffineria di cocaina con cui pagare confidenti ed «incastrare» sospettati. Riccio era uno degli uomini del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa ed il 28 marzo 1980 aveva guidato l’assalto ad un appartamento di via Fracchia a Genova, conclusosi con il massacro di quattro brigatisti. Anche un altro comandante dei Ros ed ex collaboratore di Carlo Alberto dalla Chiesa, il generale Giampaolo Ganzer, verrà condannato il 12 luglio 2010 assieme ad altri tredici carabinieri «per aver costituito un’associazione per delinquere finalizzata al traffico di droga, al peculato, al falso e ad altri reati».
Or dunque, non c’è proprio nulla di inaudito nei fatti avvenuti a Piacenza — c’è tutto di fin troppo conosciuto, prontamente rimosso e secondo convenienza dimenticato. È quanto avviene, è avvenuto e può avvenire in tutte le caserme, in Italia come nel resto del mondo (a Minneapolis, a Il Cairo, a Rio de Janeiro, a Hong Kong…). Qui di incomprensibile c’è solo lo stupore di fronte alla più banale delle ovvietà. Prendete dei giovani pieni di testosterone e privi di un solo neurone, addestrateli all’uso della violenza, fate loro indossare un’uniforme garanzia di impunità, insegnate loro il rispetto per il potere e la ricchezza, abituateli ad essere forti con i deboli e deboli con i forti, fateli convivere in modo che si fomentino a vicenda, imbottiteli con la droga del comando… cosa diamine pensate che ne venga fuori? Avrete un esercito di energumeni per cui l’arroganza e il sopruso sono pane quotidiano.
Che a fingere di meravigliarsene sia chi dà loro gli ordini, passi. Ma che persino le loro vittime si ostinino a pensare che in mezzo al letamaio istituzionale ci possano essere soltanto «poche mele marce»… È proprio vero che il segreto di una beota felicità è possedere una memoria corta.
[23/7/20]
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